I consumatori italiani scelgono il benessere animale

Il benessere animale è una priorità assoluta negli allevamenti da latte calabresi. Provate a visitare le nostre stalle: noterete subito il legame affettivo che unisce gli allevatori con le proprie vacche.

Per i produttori gli animali non rappresentano solo una fonte di reddito, ma sono anche parte integrante della loro storia familiare e personale. Tutti quelli che hanno vissuto in campagna (e in Calabria sono molti) avranno avuto la possibilità di giocare spensieratamente, da bambini, con le balle di fieno o con un vitellino. Alle vacche da latte, insomma, sono legati bei ricordi d’infanzia ed episodi di gioia della propria vita adulta.
C’è poi un aspetto da non sottovalutare: le vacche scandiscono i ritmi (e spesso gli umori) degli allevatori.
Momenti come la mungitura, il parto di un animale o la malattia di un capo di bestiame segnano inevitabilmente la giornata dei nostri soci. In un allevamento da latte non esistono giorni di riposo: tutto ruota attorno alle esigenze degli animali.

Ecco perché il benessere animale è una priorità assoluta per Assolac. Migliorare la salute, l’igiene e la serenità delle proprie vacche è un obiettivo che tutti i soci provano a raggiungere investendo tempo, risorse ed energie.

Anche i consumatori, del resto, premiano quelle stalle che garantiscono agli animali un ambiente sano e sicuro. Anzi c’è di più. Secondo l’ultima analisi di Coldiretti/Ixè due italiani su tre (il 63%) sarebbero disposti a pagare di più per una carne ottenuta rispettando il benessere degli animali. Questo vale ovviamente anche per gli allevamenti da latte.

Assolac intende rafforzare sempre di più la salubrità delle stalle calabresi e combattere chi diffonde notizie (false) sul cattivo stato di salute delle vacche da latte. I nostri animali vivono in stalle ampie, dotate di efficienti sistemi di areazione e ricche di spazi aperti che consentono loro la massima autonomia.
E il nostro obiettivo è migliorare ancora di più effettuando anche una serie di azioni di prevenzione contro le malattie, riducendo l’uso degli antibiotici ed incentivando i controlli sulla qualità del latte prodotto. Il benessere animale non è quindi un principio vuoto, ma la vocazione principale degli allevamenti calabresi.

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Latte al cioccolato? Per il 7% degli americani viene prodotto dalle mucche marroni

I bambini lo adorano e anche i più grandi, quando possono, ne bevono volentieri un bicchiere. Il latte al cioccolato è una bevanda particolarmente apprezzata da grandi e piccini e rappresenta certamente una delle immagini più iconiche della nostra infanzia. Eppure non tutti sanno come viene prodotto, anzi c’è di più: molti credono addirittura derivi da alcune mucche particolari, nello specifico da quelle di colore marrone.

Ce lo dice una ricerca effettuata dall’Innovation Center of US Dairy, secondo la quale addirittura il 7% degli intervistati di nazione americana pensa che il latte al cioccolato venga dalle mucche marroni. A crederlo non sono bambini ma adulti, dal momento che l’indagine è stata svolta su un campione di 1.000 persone con più di 18 anni di età. Sempre secondo questa ricerca, il 48% non sa da dove viene latte il latte al cioccolato e di conseguenza come viene prodotto.

Questi dati evidenziano, dunque, una scarsa se non addirittura inesistente conoscenza di come funzioni la filiera del latte. Siamo di fronte ad un chiaro problema di educazione alimentare che, purtroppo, è presente anche in Italia e noi di Assolac ne siamo testimoni.
Spesso, infatti, nella fattoria didattica gestita da un nostro socio, i fratelli Garrafa, i bambini chiedono di poter conoscere “la mucca che fa il latte al cioccolato”. Questo perché i bambini, com’è noto, non vivono più da vicino la realtà delle zone rurali, né tanto meno conoscono il funzionamento delle filiere agricole.

Diventa, dunque, necessario incentivare i percorsi di educazione alimentare all’interno delle scuole, dando la possibilità ai più piccoli di visitare in prima persona le stalle e di assistere così all’intero processo produttivo, dalla mungitura alla fase di lavorazione del latte, fino ad arrivare alla partenza degli automezzi della distribuzione.
L’età dell’infanzia è il periodo delle domande e della grande e insaziabile sete di conoscenza: sta a noi fornire ai bambini risposte esaustive, facendo comprendere loro quanto sia importante sapere cosa mangiamo e pretendere, di conseguenza, prodotti sani, tracciabili e, in via definitiva, di alta qualità.

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No, il latte non provoca l’obesità infantile

Il latte e i formaggi non promuovono lo sviluppo dell’obesità infantile. Lo dice una ricerca presentata nell’ultimo congresso europeo sull’obesità svoltosi a Vienna.

I dati sull’obesità infantile e neonatale in Italia

Negli ultimi anni si era diffusa la preoccupante convinzione che ci fosse una stretta correlazione tra il consumo di latte vaccino e l’insorgere dell’obesità infantile. Un problema, quest’ultimo, che l’Italia deve fronteggiare con particolare attenzione: nel nostro Paese, infatti, il 21% dei bambini soffre di obesità e circa la metà è in sovrappeso. Sono dati che collocano addirittura l’Italia al poco edificante primo posto a livello europeo e che devono sicuramente fare riflettere.
Preoccupano anche i numeri relativi ai bambini con meno di un anno. Secondo lo studio nazionale “Piccolipiù“, infatti, il 23,4% dei bambini e il 22,1% delle bambine di età inferiore a 12 mesi si trova sopra il limite dei bambini sovrappeso.
Il problema, dunque, dell’obesità infantile e neonatale è serio e va affrontato.

Il latte non promuove obesità e sovrappeso

Non c’è però alcun rapporto certo e provato scientificamente tra il consumo di latte e derivati e l’obesità infantile. Secondo, infatti, uno studio coordinato da Anestis Dougkas, endocrinologo dell’Istituto Paul Bocuse, e presentato al recente congresso di Vienna non ci sono prove che un’alimentazione con la presenza di latte e formaggi stimoli la fame dei bambini e favorisca l’obesità.

La ricerca ha coinvolto oltre 200mila bambini tra il 1990 e il 2017 e ha rivisto profondamente gli esiti di alcuni studi effettuati negli anni Ottanta. “I nostri risultati – hanno dichiarato i ricercatori – dovrebbero alleviare qualsiasi preoccupazione che i genitori possano avere riguardo alla limitazione del consumo di latte e prodotti lattiero-caseari dei loro figli sulla base del fatto che possano promuovere l’obesità“.

Al contrario, secondo questa ricerca, il latte vaccino e i formaggi sono fondamentali per la crescita dei bambini, quindi il consumo di questi prodotti (soprattutto in tenera età) va sicuramente promosso (l’importante, ovviamente, è non esagerare!).

Verso una migliore educazione alimentare per i bambini

In generale questa ricerca smonta l’ennesima fake news alimentare, molte delle quali riguardano proprio il latte e i formaggi. Di qui ai prossimi anni sarà fondamentale effettuare percorsi di educazione alimentare per i genitori e i bambini, aiutandoli a comprendere le notizie inesatte e a capire quali sono i benefici ed eventualmente i limiti di un’alimentazione basata anche sui prodotti lattiero-caseari.

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Il latte fresco immancabile nel carrello della spesa degli italiani

Il latte fresco è il terzo prodotto lattiero caseario più venduto nella grande distribuzione. Lo dice un’indagine realizzata dal Centro di ricerca su Retailing e Marketing (Rem Lab) dell’Università Cattolica di Milano per conto di Assolatte.

Il carrello della spesa degli italiani

La ricerca ha preso in considerazione un carrello della spesa da 6,5 miliardi di euro composto da latte e derivati. Il prodotto lattiero caseario in assoluto più venduto nel 2017 nei supermercati e negli ipermercati è il latte UHT con 961 milioni di euro di vendite che rappresentano quasi il 15% del giro d’affari di tutto il comparto latte. Poco dietro c’è la mozzarella che si conferma dunque il formaggio più venduto.
Ottimi anche i dati del latte fresco, le cui vendite nella GDO raggiungono quota 715 milioni di euro. Se mettiamo insieme latte fresco e UHT notiamo che il carrello della spesa degli italiani, limitatamente al settore lattiero-caseario, è composto per il 25% da questi due prodotti.

La scelta dei prodotti locali

I numeri appena citati sono la conferma, dunque, dell’alto livello di gradimento del latte fresco tra i consumatori, soprattutto quando viene certificata la sua provenienza locale. Negli ultimi anni, infatti, gli italiani sono sempre più propensi ad acquistare prodotti del territorio. In moltissimi casi sono anche disposti a spendere di più pur di avere la certezza di gustare un alimento sano, genuino e nato da una filiera sostenibile.

Il latte fresco calabrese appartiene a pieno titolo a questa categoria. Si tratta, infatti, di un prodotto proveniente solo da stalle calabresi e lavorato in Calabria nello stabilimento di Castrovillari (basta guardare l’etichetta!) prima di essere distribuito in tutto il Mezzogiorno. Il nostro latte, inoltre, viene controllato in tutte le sue fasi, partendo dalla raccolta, dove viene analizzato il livello di acidità, fino allo scarico in stabilimento. Qui viene sottoposto a controlli più approfonditi per verificare la presenza di sostanze inibenti e valutare nel dettaglio i parametri chimici e fisici.
Il latte fresco calabrese è dunque un prodotto controllato, certificato e di provenienza 100% locale.

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Etichetta alimentare: cosa dice il nuovo regolamento europeo

L’Unione Europea ha approvato il Regolamento n. 1169/2011 sull’indicazione in etichetta dell’origine degli alimenti. Il provvedimento farà decadere i quattro decreti italiani sull’etichettatura d’origine di latte e formaggi, pasta, riso e derivati del pomodoro, creando così non pochi problemi alle imprese che hanno investito in questi mesi per adeguarsi alla nuova normativa.

Cosa dice il regolamento europeo sulle etichette alimentari

Il regolamento, approvato da tutti i paesi membri dell’Unione europea, esclusi Germania e Lussemburgo che si sono astenuti, entrerà in vigore ad aprile 2020. Ma cosa prevede nello specifico la nuova normativa europea? I produttori dovranno indicare sull’etichetta alimentare l’origine della materia prima quando il luogo di provenienza dell’alimento è indicato – o anche semplicemente evocato – e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario. Nel caso del settore lattiero-caseario, ad esempio, dovrà essere indicata l’origine del latte sull’etichetta di derivati come mozzarelle e ricotte se il latte proviene da un Paese diverso dall’Italia.

Il regolamento intende rafforzare il principio di trasparenza in favore dei consumatori, ma in realtà risulta essere più debole rispetto all’attuale disciplina italiana in materia di etichettatura obbligatoria. Viene lasciata, infatti, moltissima flessibilità ai produttori sulla portata geografica del riferimento all’origine (da Ue/non Ue, fino all’indicazione del Paese o della regione). In questo modo diventa a tutti gli effetti un sistema volontario di etichetta trasparente che mal si adatta quindi all’esigenza di proteggere e valorizzare le produzioni locali.

Gli aspetti critici

C’è poi un altro aspetto molto critico del regolamento europeo. Il provvedimento non si applica ai prodotti DOP, IGP e STG, né a quelli che hanno un marchio registrato. Proprio quest’ultimo è l’elemento di maggiore criticità del regolamento, contestato, anche piuttosto aspramente, delle associazioni di categoria come la Coldiretti. “Pronunciandosi a favore dell’etichettatura di origine rimessa, di fatto, all’arbitraria decisione degli operatori alimentari, ancora una volta la Commissione – sottolinea la Coldiretti – ha scelto un compromesso al ribasso che favorisce gli inganni e impedisce scelte di acquisto consapevoli per i consumatori europei“.

La scelta di non applicare il regolamento a quei prodotti con marchio registrato può rappresentare, ad esempio, un duro colpo per chi combatte il falso Made in Italy, fenomeno molto diffuso soprattutto in Cina e negli Stati Uniti, ma presente anche sul mercato europeo.

Che fine faranno i decreti italiani sull’etichettatura obbligatoria?

Un’ultima questione che il Mipaaf sarà chiamato a chiarire nei prossimi giorni riguarda la decadenza dei 4 decreti ministeriali su latte e formaggi, pasta, riso e derivati del pomodoro. Nei testi dei decreti, infatti, si dice che perderanno la loro efficacia “dal giorno della data di entrata in vigore degli atti esecutivi ai sensi dell’art. 26, paragrafi 5 e 8, del regolamento (Ue) n. 1169/2011“.
La normativa italiana in materia di etichetta alimentare trasparente subirebbe così grossi stravolgimenti: si passerebbe di fatto da un sistema di etichettatura obbligatoria o uno di etichettatura volontaria.

Su questo punto è intervenuto Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari Italiane: “Le cooperative agricole che indicavano l’origine italiana della materia prima sui loro prodotti in maniera volontaria ancor prima della emanazione dei decreti ministeriali, continueranno a rispettare le disposizioni nazionali sull’origine, per valorizzare il prodotto dei loro soci e per rispondere alle esigenze di trasparenza dei consumatori“.

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L’agroalimentare dice no all’etichetta a semaforo

Il mondo dell’agroalimentare si oppone all’etichetta a semaforo, un sistema entrato in vigore di recente in Gran Bretagna e Francia e che rischia di penalizzare fortemente il Made in Italy.

Che cos’è l’etichetta a semaforo 

L’etichetta a semaforo nasce con l’obiettivo di fornire ai consumatori informazioni sui contenuti nutrizionali degli alimenti. Lo fa però attraverso modalità che possono diventare fuorvianti ed ingannevoli. Vengono disegnati, infatti, sull’etichetta dei prodotti dei veri e propri bollini di colore rosso, giallo o verde in base alla semplice presenza di nutrienti come grassi, sali e zuccheri, senza tenere conto della quantità effettivamente consumata. Accade, ad esempio, che eccellenze italiane come il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano siano state etichettate con il colore rosso per il solo contenuto nutritivo.

Le conseguenze per il Made in Italy

Non è un caso che da quando in Gran Bretagna è entrato in vigore questo sistema, ovvero il 2017, le esportazioni di olio di oliva siano calate dell’11%. Anche la Francia, di recente, ha adottato un sistema di etichetta a semaforo con cinque colori che segnalano lo “score” di un prodotto in base alla presenza di determinate sostanze nutrienti come grassi o fibre.

Il bollino rosso su alcuni prodotti DOP rischia di penalizzare fortemente il Made in Italy. L’Italia, infatti, è prima tra i paesi dell’Unione Europea per numero di certificazioni Dop, Igp e Stg con 291 specialità certificate. L’adozione di sistemi di questo tipo danneggia chi danni produce alimenti di qualità e non fornisce neppure le corrette informazioni ai consumatori.

La reazione dell’agroalimentare italiano 

Le associazioni di categoria degli agricoltori e i rappresentanti istituzionali italiani si sono opposti fermamente all’etichetta a semaforo, impedendone l’estensione a tutti i paesi dell’Unione Europea. Sul punto si è espresso anche il presidente di Fedagri – Confcooperative, Giorgio Mercuri: “La qualità e l’indiscusso valore delle produzioni alimentari made in Italy vanno difesi da sistemi di etichettatura che veicolano ai consumatori messaggi fuorvianti, facendo leva solo su singoli parametri e su valutazioni astratte che non considerano i prodotti nel ruolo che essi rivestono nel più ampio riferimento al contesto generale di uno stile di vita quale quello mediterraneo“. Secondo Mercuri vanno esclusi quei sistemi di etichettatura che prevedono un solo criterio di giudizio in quanto rischiano di arrecare più danni che benefici ai consumatori.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo: “L’Unione Europea deve intervenire per impedire un sistema di etichettatura, fuorviante, discriminatorio ed incompleto che finisce per escludere paradossalmente dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta“.

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Il reportage sulla filiera del latte calabrese in onda su Ten

Sbarca in TV il reportage sul latte fresco calabrese. Il documentario che racconta le storie dei produttori di Asso.La.C e descrive il funzionamento dell’intera filiera andrà in onda questo fine settimana su Ten Teleuropa.

Asso.La.C. su Ten Teleuropa

Dopo avere ottenuto ottimi risultati sul web, con migliaia di interazioni sulla pagina Facebook Latte fresco calabrese e di visualizzazioni sul canale YouTube di Asso.La.C, il reportage farà adesso il suo debutto sul piccolo schermo. Ad ospitare le nostre stalle e i nostri allevatori sarà la televisione locale Ten Teleuropa.

La programmazione televisiva

I giorni e gli orari di messa in onda sono i seguenti:

  • Sabato 6 gennaio alle ore 19:00
  • Domenica 7 gennaio alle ore 13:30

Il viaggio della raccolta del latte

Per l’occasione potrete vedere una versione del reportage da 20 minuti, in cui vengono ripercorse tutte le tappe dell’ autocisterna della raccolta del latte in un viaggio coinvolgente attraverso tutta la Calabria. Una delle caratteristiche principali di Asso.La.C è proprio l’unione e la sinergia tra territori e persone diverse. Grazie alla formula cooperativa la nostra realtà riesce ad aggregare tante piccole aziende, a fare sistema e a valorizzare così al meglio le produzioni locali.

Il documentario vi porterà all’interno del camion di raccolta del latte, con una prospettiva privilegiata anche sulle stalle calabresi e sul laboratorio di analisi, mostrandovi tutto il lavoro e l’organizzazione che c’è dietro una bottiglia di latte fresco. Non mancano, inoltre, le immagini che ritraggono alla perfezione il territorio calabrese in tutta la sua varietà e bellezza paesaggistica. Alla fine di questo viaggio sarete in grado di dare un volto, una voce e un contesto ai protagonisti silenziosi della nostra filiera agroalimentare.

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Il latte abbatte il rischio di tumore al colon

Il latte e i formaggi diminuiscono sensibilmente il rischio di contrarre tumori al colon retto. Lo dice una ricerca del World Cancer Research Fund (Wcr) che analizza il rapporto tra attività fisica, alimentazione e cancro al colon retto.

Cosa dice la ricerca

L’indagine mette insieme 99 studi effettuati negli ultimi sei anni su un campione di 29 milioni di persone, di cui 247 mila con tumore al colon retto. In base ai dati raccolti dagli studiosi, tutti i prodotti lattiero caseari – dunque anche i formaggi – rientrano nella categoria di alimenti che svolgono una funzione preventiva contro questa specifica patologia.
Le ricerche scientifiche dimostrano, quindi, ancora una volta come il latte e i suoi derivati siano degli alimenti essenziali per tutte le fasce di età, soprattutto nelle fasi di crescita di un individuo, grazie all’equilibrato contenuto di grassi, proteine, vitamine, zuccheri e sali minerali.

Il latte e lo sport

Gli effetti benefici del latte si estendono anche a chi fa sport. L’alimentazione di uno sportivo, infatti, non può prescindere da un buon bicchiere di latte, specie nella fase di recupero post attività fisica. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Applied Physiology, Nutrion and Metabolism, il latte è la bevanda migliore da assumere dopo le prestazioni sportive. La giusta presenza di sodio, carboidrati e proteine consente, infatti, all’organismo di trattenere i liquidi e di conseguenza di recuperare l’acqua persa durante l’attività fisica.

In base ai risultati di questa ricerca il livello di idratazione degli sportivi, dopo aver bevuto una tazza di latte, risulta essere superiore rispetto a quello rilevato dopo aver ingerito una comune bevanda idro-salina.
Secondo gli studiosi, inoltre, il latte aiuta a ridurre la massa grassa e ad aumentare allo stesso tempo le fibre muscolari. Assumere almeno 200 ml di latte nell’ora successiva allo sforza fisico facilita il recupero e permette agli sportivi di accrescere la propria massa muscolare.

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Latte: fine delle proroghe, il Made in Italy sbarca sulle etichette

È scaduto il termine di 180 giorni per smaltire le scorte di prodotti lattiero-caseari che non contenevano sull’etichetta l’indicazione d’origine del latte. Da oggi, dunque, l’etichettatura obbligatoria diventa definitiva.

La norma che tutela il Made in Italy

Ad annunciarlo è Coldiretti, sottolineando come il decreto “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari”, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 firmato dai ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, diventa adesso valido per tutti i produttori.
L’intento del decreto è tutelare il Made in Italy di fronte all’invasione sempre più cospicua di prodotti lattiero-caseari realizzati con latte proveniente dai paesi esteri. Grazie alla nuova etichetta, invece, i consumatori potranno conoscere la provenienza della materia prima ed il luogo di trasformazione e scegliere così di acquistare il latte, ma anche il burro, i formaggi e lo yogurt prodotti in Italia.

Le diciture sulle etichette

Sulle etichette troverete le seguenti diciture:

  • Paese di mungitura: nome del Paese nel quale è stato munto il latte”;
  • Paese di condizionamento o trasformazione: nome del Paese in cui il prodotto è stato condizionato o trasformato”.

em8a3427Il nuovo assetto normativo sarà uno strumento molto importante per proteggere sia i produttori che i consumatori italiani. Questi ultimi, infatti, sono sempre più sensibili alla questione dell’origine dei prodotti alimentari. Non è un caso che nella consultazione pubblica effettuata dal Ministero delle Politiche Agricole il 95% degli intervistati abbia definito molto importante riportare l’origine della materia prima sulle etichette del latte fresco.
Oggi i consumatori sono disposti anche a spendere di più per acquistare prodotti italiani, sostenibili e sicuri. Ecco perché avere uno strumento di salvaguardia come l’etichettatura obbligatoria è senza dubbio un passo importante verso la crescita del nostro settore lattiero-caseario e verso una maggiore tutela dei consumatori e delle loro scelte alimentari.

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I formaggi italiani leader del mercato americano

I formaggi italiani sono quelli più venduti negli Stati Uniti. Lo dicono i dati del Dipartimento americano del commercio secondo il quale nel 2016 sono stati importati negli Usa 34.894 tonnellate di formaggio proveniente dall’Italia, con una crescita dell’8% rispetto al 2015.

Il Made in Italy alimentare si conferma, dunque, particolarmente apprezzato nel continente americano dove primeggia anche grazie alle vendite di vino.
Il settore lattiero caseario deve, però, fronteggiare diversi problemi. Una delle questioni principali è quella dell’Italian Sounding, ovvero l’imitazione di prodotti Made in Italy attraverso l’utilizzo di nomi che ricordano le specialità nostrane. Parliamo di una grave forma di concorrenza sleale e di raggiro nei confronti dei consumatori che ha un giro d’affari mondiale di ben 60 miliardi di euro e che costa all’Italia oltre 300.000 posti di lavoro. Una delle specialità maggiormente imitate è il Parmigiano Reggiano che vede nel “Parmesan” e nel “Parmeggiano” alcuni dei suoi quasi omonimi più noti.

Nonostante i tentativi di imitazione e nonostante l’assenza di un accordo di libero scambio, i formaggi italiani continuano comunque ad essere quelli maggiormente importati. Secondo i dati forniti dall’Ice circa un quarto dei formaggi importati dagli Stati Uniti proviene dall’Italia; seguono la Francia con una quota del 13% e la Spagna con il 7%.
Il valore delle importazioni di formaggi italiani negli Usa è pari a 280 milioni, una cifra in grande espansione grazie soprattutto al successo dei nostri marchi nelle grandi città americane come New York, San Francisco e Boston, metropoli dove è più forte il richiamo in termini di marketing dei maggiori brand caseari italiani.

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